XXV domenica tempo ordinario Lc 16,1-13
– L’attenzione alle piccole cose –
a cura di Mons. Sergio Salvini –
Il vangelo di questa domenica è molto… utile. Bisogna esercitarsi nella cura delle piccole cose e bisogna addomesticare quel grande padrone di questo mondo che è il denaro, perché con la disonesta ricchezza non coltiviamo atti che ci portano verso il Regno. La nostra vita cristiana deve diventare una vita alimentata di piccole cose. Un uomo si verifica con i piccoli gesti, si verifica per i particolari. Si verifica per la cura che ha nelle piccole cose.
L’amore non è un atto di fondo. È un atto particolareggiato. Amare una persona significa essere attenti a quello di cui ha veramente bisogno. Essere attenti ai particolari che sono qui e ora veramente urgenti. Non è un concetto astratto, una cosa generica. Uno pensa: «Faccio delle piccole trasgressioni, ma poi, in fondo sono cristiano. Crede di dire una cosa intelligente, invece afferma una cosa profondamente falsa. Se sei disposto a mandare la coscienza in letargo per piccole cose, figuriamoci con quelle grandi. Se sei disposto a far tacere la coscienza per non pagare ciò che è dovuto giustificandoti che «è una piccola cosa!», come puoi essere disposto a sacrificarti, a obbedire alla tua coscienza nelle cose grandi? Se sei disposto a rubare un euro vuol dire che sei molto più disposto a rubarne un milione.
Le persone si valutano dai particolari. Per capire le persone bisogna guardare come si comportano nelle piccole cose, quando nessuno le guarda, quando uno non conta niente: è lì che emerge la fedeltà. La nostra vita cristiana è fatta di una fedeltà a Dio che passa per le cose piccole. È fatta di preghiera quotidiana, di adesione a precetti semplici, piccoli piccoli, ma mettere o non metterli in pratica cambia tutto. La nostra vita cristiana è un tessuto costituito da un filo, il filo delle piccole cose in cui ci fidiamo di Dio: i dialoghi non evitati, le parole non dimenticate, gli atti non trascurati.
«Dov’è il tesoro, là è anche il cuore» ammonisce Gesù: se siamo attirati dal denaro, se lo amiamo, esso ci aliena come un idolo, ci inganna e ci seduce, impedendoci l’amore e il servizio per Dio. Certo, ancora oggi chi è attaccato al denaro, è tentato di leggere questa parabola come una lode alla furbizia e alla disonestà: ma questo significa ragionare da figlio di questo mondo, anche se si è “religiosi” e si appartiene alla comunità cristiana, ai discepoli di colui che ha detto: «Voi siete nel mondo, ma non siete del mondo».
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«I cristiani sono al tempo stesso abitanti del mondo e cittadini del Regno dei cieli. Si impegnano senza riserve nella costruzione della società terrena, ma restano orientati verso i beni eterni, quasi rifacendosi a un modello superiore, trascendente, per attuarlo sempre più e sempre meglio nell’esistenza di ogni giorno (Giovanni Paolo II).