XXVII domenica tempo ordinario Lc 17,5-10
– Ravviviamo il dono della fede –
a cura di Mons. Sergio Salvini –
La fede è la “ricchezza” per entrare nella vita.
Il giusto vivrà per la sua fede, afferma il profeta Abacuc in un momento difficile della storia di Israele, quando è messa a dura prova la fede del suo popolo. Da sempre il Signore garantisce che tutto avrà un termine e il “vincitore” sarà colui che avrà perseverato. La fede, maestra di vita, è la via per comprendere la storia e illuminare fatti e problemi della quotidianità.
Dio, da sempre, è fedele: è in questa fedeltà che trovano valore la fede e la speranza del credente. Se Cristo è la “roccia” del nostro credere e sperare, allora nasce dal nostro cuore la sincera invocazione: Signore, donaci di ascoltare la tua voce.
È nel silenzio, nella preghiera, nell’ascolto della Parola che nasce il dono per far crescere un costante rapporto di comunione con il Signore, un dono da condividere con i fratelli e le sorelle che, come noi, cercano la luce. San Paolo esorta Timoteo: «Ravviva il dono di Dio che è in te».
È attraverso la testimonianza del Vangelo, disposti a sopportare le contraddizioni e, a volte, anche le incomprensioni a causa del suo nome, che noi cresciamo. Oggi più che mai, il “grido” degli apostoli si fa nostro grido: aumenta la nostra fede!
Tante volte ci sentiamo deboli nella fede, andiamo in crisi, abbiamo l’impressione che sia tutto un’illusione, che sia tutto falso, soprattutto quando dobbiamo affrontare sofferenze, malattie, disgrazie. Anche i Santi sono passati per il “buio”, anzi hanno vissuto la “notte del buio.” Ma continuare a credere, come un bambino che si fida completamente del suo papà, realizza il grande bene… Imploriamo sempre il dono della fede! Nello stesso tempo mettiamoci tutta la nostra parte per coltivarla, accrescerla, renderla forte, perché sia luce nei momenti belli, per ringraziare il Signore di tutti i doni che dà alla nostra vita e che sia forza nei momenti difficili. Perché se uno perde la fede in un momento difficile, la disgrazia è veramente grande.
Tutto diventa inspiegabile, tutto risulta assurdo. Non si riesce a dare risposta agli interrogativi profondi dell’esistenza umana. Mentre noi sappiamo che in Dio Padre e in Cristo trovano luce anche l’enigma del dolore e della morte.
La fede non è un insieme di verità, ma è l’incontro con Cristo: è la scoperta della sua Persona e l’abbandono fiducioso a Lui e alla tenerezza del Padre. Quando ci accorgiamo di questo, la vita comincia a cambiare. Tutto si illumina, tutto diventa importante: Cristo è al centro.
La fede genera in noi l’uomo nuovo: un nuovo modo di vivere, che assume i tratti del volto stesso di Dio, il Dio fedele. Un uomo che sa attendere senza pretese, ripone ogni speranza non nelle proprie forze, capacità, possessi, virtù, ma nel Signore e si ritiene “servo inutile”.
È molto forte e significativa questa sottolineatura di Gesù: noi dobbiamo fare tutta la nostra parte, con generosità e impegno, ma soprattutto con umiltà: siamo servi inutili, abbiamo fatto ciò che dovevamo fare. La gioia della fede sta nel credere e nell’obbedire alla Parola di verità. Una Parola pronunciata non da un padrone despota, ma dal cuore stesso di Dio Padre, e percepita dal credente come il suo vero ed unico bene al quale aderire per avere pienezza e felicità duratura. Sarebbe “sufficiente” la certezza della fedeltà di Dio, sempre e comunque, per “spostare le montagne”. “Niente è impossibile a Dio, tutto è possibile per chi crede”, ci dice Gesù.
Il Signore plasmi con la sua grazia il nostro cuore e lo renda dimora della sua presenza per vincere con lui, in lui e per lui, la “battaglia della fede”.
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«La fede, un “niente” che può “tutto”» (Ermes Ronchi).