XXXIII domenica tempo ordinario Mc 13,24-32

 
 

Speranza, impegno, discernimento –

a cura di Don Gian Franco Brusa –

Angoscia e speranza, attesa e impegno, compimento e inizio: sono i temi che attraversano questa domenica, prima della solennità di Cristo Re che concluderà l’anno liturgico. Dall’ascolto attento della Parola di Dio è possibile, dall’annuncio cristiano, far emergere e risaltare il nucleo più interpellante e carico di domande per gli uomini e le donne di oggi; e soprattutto per coloro che, adolescenti o giovani, vivono in maniera diretta la difficile possibilità di un’autorealizzazione o del compimento di un sogno.

In primo luogo la speranza. Marco racconta la parabola del fico per i discepoli di tutti i tempi che, ponendosi alla sequela di Gesù, devono scorgere e discernere la prossimità del regno. A loro, e quindi a noi, fa capire che non esiste e non può esistere contrapposizione tra presente e fine del tempo: la fine del mondo è già in atto, basta saperla riconoscere. Pertanto, come in tutte le parabole del Vangelo di Marco, anche qui si tratta di riconoscervi la speranza. La salvezza è operante e vicina.

Al secondo posto si colloca l’impegno. È un luogo comune affermare che la religione è come l’oppio e rende disattenti alla realtà. Fondamentalmente è vero: basta guardarsi un poco attorno. D’altronde, se non ci fosse stato questo pericolo, Gesù avrebbe potuto risparmiare i reiterati appelli alla vigilanza e all’attenzione, che sono come il ritornello in tutto questo discorso di addio. La sequela di Gesù è esigente, impegna. In nessun modo la fede cristiana deve confondersi con una religione-oppio, l’evasione verso un futuro da sogno, cercando di bruciare in un grande calderone tutte le realtà umane. Gesù dice esplicitamente che a lui non interessa conoscere il giorno e l’ora in cui avrà fine la realtà creata. Il presente è invece il seme da cui deve nascere l’albero mirabile del regno: impegnarsi per l’oggi significa costruire il futuro.

La terza voce richiama la vigilanza, l’attenzione ed è il discernimento. L’età della giovinezza, come il tempo della Chiesa nella storia, è carica di attese, di speranze, di sogni. È vero che talora mancano le giuste, necessarie certezze e quegli indispensabili punti di riferimento che possono aiutare a decidersi nella vita per la loro adeguata, realistica attuazione. È vero che tali certezze sono attualmente in ribasso. Le grandi narrazioni, come le grandi ideologie, infatti, non hanno più presa, hanno fatto il loro corso. Quindi è necessaria una “cura della speranza,” dell’impegno e della decisione, senza attendismi o tergiversazioni. E si rivela di fondamentale importanza la capacità di discernimento, nella consapevolezza chiara e sicura che il regno è già qui, che la salvezza è in corso, che la speranza è una realtà.

I versetti della breve parabola evangelica di questa domenica sono un invito alla vigilanza proprio per imparare a cogliere i segni dei tempi, in modo che il regno si sviluppi, per riconoscere più che la fine del mondo, la vicinanza di Colui che viene. La differenza tra noi cristiani e il resto del mondo non sta nelle qualità etiche o in opere di maggiore perfezione, ma risiede nel fatto che noi attendiamo il Signore vivendo la sua vicinanza.

La liturgia odierna ci invita a ricordare che la vittoria suppone una lotta, che la gioia della maternità succede al dolore del parto, che l’alba segue alla notte più scura, la risurrezione libera dalla morte.

Buona domenica